Marketing nel PC Gaming: 7 cose da sapere per fare un buon acquisto

Ieri alle 19:17

Il marketing ci accompagna da sempre, anche quando preferiremmo farne a meno. Nel tempo si è trasformato da semplice strumento commerciale a leva psicologica, capace di indirizzare i nostri acquisti attraverso numeri, slogan e promesse che non sempre rispecchiano ciò che viviamo davvero quando accendiamo il PC.

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Nel mondo del gaming e dell’hardware tutto questo pesa ancora di più, perché chi è meno esperto rischia di prendere decisioni basate su informazioni presentate in modo furbo, o volutamente poco chiaro.

Vogliamo quindi analizzare sette casi concreti in cui questo accade ogni giorno, alcuni evidenti, altri sorprendentemente sottili. E sì, in passato ci siamo cascati anche noi, motivo in più per raccontarli.



Offerte ed eventi: quando lo sconto è solo un’illusione #

Il Black Friday non è più un giorno. È diventato una settimana, un mese intero in cui veniamo bombardati da banner, timer, countdown e notifiche, con AliExpress, Amazon e ogni altro negozio online che rilancia la sua versione del “super affare”. In mezzo a tutto questo è facile perdere la bussola e confondere un vero sconto con una finta promozione costruita ad arte.

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Per orientarci usiamo strumenti come Keepa, che registra la storicità dei prezzi su Amazon e smaschera immediatamente quei prodotti alzati e poi “magicamente” scontati. Una pratica che non nasce certo oggi: nei negozi delle nostre città succedeva già con scarpe e vestiti. Oggi possiamo però difenderci meglio.

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E, insieme a questo lavoro quotidiano, c’è anche il nostro configuratore, che non solo permette di creare una build completa partendo da componenti affidabili ed a buon prezzo, ma aiuta anche a scegliere il monitor più adatto grazie a filtri chiari e consigli ragionati.


Il miraggio dell’“1 ms” nei monitor #

Tra le tecniche più subdole c’è il celebre “1 ms” stampato sulle scatole di alcuni monitor. Per un occhio inesperto questa cifra sembra sinonimo di fluidità assoluta, quando in realtà si riferisce al response time, cioè la velocità con cui un pixel cambia colore.

Il problema è che quel valore deriva da test condotti in condizioni particolari, spesso non replicabili nella pratica. Basta leggere una recensione tecnica per rendersene conto: diversi monitor pubblicizzati come “1 ms” mostrano nella realtà valori come 4.8 o 6.7 ms nelle misurazioni complete.

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Numeri ottimi, per carità, ma non corrispondono allo slogan che vediamo sulle confezioni.

Da qui nasce anche la confusione tra response time e input lag, che sono due grandezze diverse. L’utente medio però vede “millisecondi” e immagina un vantaggio enorme, complice anche un marketing che non fa nulla per chiarire la distinzione.


SSD 5.0 e PCIe 5.0: quando la generazione non significa prestazioni #

Negli ultimi anni il mercato ci ha riempito di SSD 5.0 e schede madri con PCIe 5.0 presentati come il nuovo riferimento per chi cerca prestazioni altissime. Peccato che, parlando di gaming, tutto questo non serva praticamente a nulla.

Un SSD 5.0 non porta vantaggi tangibili rispetto a un 4.0, un 3.0 e spesso neanche rispetto a un SATA. Il salto che davvero ha cambiato il settore è stato quello dagli hard disk agli SSD. Il resto è più un discorso di standard industriali che di impatto reale nei giochi.

Lo stesso vale per le GPU: anche una scheda potente come una 5090 non beneficia in modo significativo del passaggio da PCIe 4.0 a 5.0. I test dimostrano che la differenza è inesistente.

L’unico caso in cui lo standard può incidere riguarda modelli con VRAM insufficiente, come le versioni da 8 GB della 5060 Ti o della 9060 XT. Qui il collo di bottiglia non è lo standard in sé, ma la poca memoria video, che può far crollare le prestazioni anche su PCIe 3.0.


Modelli OC delle GPU: la sigla che non cambia realmente le prestazioni #

Le versioni OC delle schede video vengono presentate come più potenti e più spinte. In realtà quasi sempre parliamo di un overclock leggerissimo, spesso nell’ordine dei 100 MHz, qualcosa che chiunque potrebbe replicare manualmente con due clic.

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Le vere differenze tra un modello e l’altro stanno nella qualità costruttiva: dissipazione, pad termici, VRM, PCB, ventole, BIOS. La sigla OC non è ciò che determina la bontà del prodotto. Serve più come etichetta commerciale che come indicatore di prestazioni reali.


“Prodotti da gaming”: quando la categoria è solo un’etichetta #

Dal punto di vista dell’hardware interno, non esistono veri componenti “da gaming”. Tutti i PC possono eseguire un gioco: ciò che cambia è quanto velocemente lo fanno. Le uniche due tecnologie che hanno portato migliorie specifiche nel mondo del gaming sono:

– Le unità Tensor e RT introdotte nelle GPU moderne
– La 3D V-Cache dei processori X3D di AMD

Tutto il resto è hardware che funziona perfettamente anche in contesti di editing, lavoro, modellazione e molto altro.

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Il discorso cambia per le periferiche, dove parametri come input lag, refresh rate, switch magnetici e polling rate fanno realmente la differenza. Monitor, tastiere e mouse possono essere definiti “da gaming” con ragione, ma non CPU, SSD o schede madri.


Bait and switch: quando il prodotto cambia senza dirlo a nessuno #

Questa è una delle pratiche più scorrette in assoluto. Il bait and switch consiste nel modificare i componenti interni di un prodotto senza comunicarlo, lasciando che il cliente acquisti un articolo con specifiche che non corrispondono più a quelle del lancio.

Succede spesso negli SSD, dove chip e controller vengono cambiati a seconda della disponibilità di mercato, con conseguenze anche molto pesanti sulle prestazioni. In passato abbiamo visto modelli famosi perdere qualità rispetto alle versioni originali.

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Nei PC preassemblati il fenomeno è ancora più diffuso: componenti sostituite al volo, schede madri random, SSD inferiori rispetto a quelli dichiarati. Tutto questo senza alcuna trasparenza verso chi acquista.


FPS “gonfiati”: la Frame Generation come arma di marketing #

Chiudiamo con la pratica più aggressiva degli ultimi anni: usare la Frame Generation per mostrare numeri gonfiati rispetto agli FPS reali in raster. Il classico “27 diventa 90” è una mezza verità, perché quei frame non sono frame reali.

La FG introduce latenza, può creare artefatti e non rappresenta la potenza vera della GPU. Presentarla come se fosse un valore equiparabile agli FPS nativi è fuorviante, e porta molte persone a comprare basandosi su numeri che non raccontano l’esperienza effettiva.

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Lo stesso discorso vale per le console quando parlano di “4K”: nella maggior parte dei casi si tratta di upscaling o preset molto ridotti rispetto a un PC di fascia alta. Vedere una PS5 Pro affiancata a una 5080 lo rende evidente: due “4K” molto diversi nella sostanza.


Abbiamo raccolto sette delle tecniche più comuni con cui il marketing continua a giocare sulle percezioni del consumatore nel mondo del PC gaming. Speriamo che queste informazioni possano aiutare a orientarsi meglio tra promesse, numeri, sigle e specifiche presentate in modo furbo.